Un cane che si morde la coda!
Un tipico “cane che si morde la coda”: chi più gioverebbe dell’intervento non ha però i mezzi per attuarlo.
Il report “Questioni di Economia e Finanza - La povertà energetica in Italia” della Banca d’Italia (ottobre 2014) inizia con queste parole:
“I prezzi dei prodotti energetici sono storicamente elevati in Italia e in forte crescita sia per fattori esogeni (la sostenuta dinamica dei corsi delle materie prime energetiche) sia per le politiche climatiche ed energetiche di Europa 2020 […].
In prospettiva i costi di accesso all’energia dei consumatori potrebbero aumentare ulteriormente: per il permanere di prezzi delle materie prime energetiche elevati, per effetto delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici e anche per le misure di bilancio restrittive che spesso ricorrono alla tassazione energetica come fonte per il reperimento di risorse. Questo potrebbe comportare un inasprimento della povertà energetica delle famiglie, intesa come incapacità di acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici, con conseguenze sul loro benessere. Sarà più difficile conciliare gli obiettivi che sono alla base di quello che il World Energy Council definisce il “trilemma dell’energia”, ossia il simultaneo perseguimento di sicurezza energetica, sostenibilità ambientale e di un accesso socialmente equo alle fonti energetiche”.
Bisogna però fare un distinguo tra povertà e vulnerabilità energetica.
LA POVERTÀ ENERGETICA
Quando si parla di povertà energetica ci si riferisce usualmente all’impossibilità di alcuni individui ad accedere all’energia loro necessaria, impossibilità che tipicamente caratterizza i paesi meno sviluppati con insufficiente dotazione infrastrutturale.
LA VULNERABILITÀ ENERGETICA
Nel nostro paese, dove invece il problema dell’accesso fisico a servizi energetici di elevata qualità sostanzialmente non si pone, se non per una fascia ridotta della popolazione, è più corretto rifarsi alla nozione di vulnerabilità energetica: questa può essere definita come la condizione per cui l’accesso ai servizi energetici implica una distrazione di risorse (in termini di spesa o di reddito) superiore a quanto socialmente desiderabile.
In altre parole, è energeticamente vulnerabile chi non ha sufficienti risorse (ovvero reddito e/o possibilità di spesa) per, per esempio, investire su efficientamenti energetici che permetterebbero di diminuire le bollette nella sua abitazione.
Un tipico “cane che si morde la coda”: chi più gioverebbe dell’efficientamento non ha però i mezzi per attuarlo.
Nota: quando in Italia si parla di “povertà energetica”, tendenzialmente si fa riferimento sia alla povertà che alla vulnerabilità energetiche.
LE POLITICHE DI CONTRASTO
Le misure di contrasto alla povertà e vulnerabilità energetiche possono concretizzarsi essenzialmente in tre tipi di interventi:
quelli che accrescono le risorse delle famiglie (ad es. misure di sostegno del reddito);
quelli che limitano il livello dei prezzi (tariffe sociali) o il loro impatto sulla bolletta (bonus);
quelli che migliorano l’efficienza energetica (degli edifici o dei beni durevoli che utilizzano energia).
Appartengono al primo tipo le integrazioni di reddito per le famiglie o gli individui svantaggiati con lo scopo di aumentarne la capacità di spesa. Questo approccio non è direttamente connesso al fenomeno della povertà energetica e, come in tutti i programmi in cui è prevista l’erogazione incondizionata di denaro, non garantisce che i trasferimenti di risorse facciano aumentare i consumi razionati delle famiglie energeticamente povere.
Le tariffe sociali e i bonus intervengono direttamente sulla bolletta energetica delle famiglie riducendone il peso complessivo. In generale il report sostiene che i bonus sono da preferire alle tariffe sociali, in quanto queste possono distorcere i segnali di prezzo per un utilizzo ottimale dell’energia (interagendo con altre politiche come quelle per il miglioramento dell’efficienza energetica).
L’ultima tipologia di interventi ha come fine il miglioramento dell’efficienza energetica, in particolare delle abitazioni. Le famiglie energeticamente povere sono in condizioni economiche disagiate, sprovviste sia delle informazioni sia delle risorse economiche da investire in una ristrutturazione che migliori l’efficienza energetica dell’abitazione (infissi, porte, caldaie ad alta efficienza, ...). Inoltre, l’evidenza che le famiglie energeticamente povere siano con maggior frequenza in affitto crea un problema di incentivi asimmetrici: una spesa per ristrutturazione avrebbe un beneficio che si tradurrebbe in minori bollette per l’energia nel lungo termine, ma comporterebbe un investimento immediato in un asset che non è di proprietà della famiglia e il rischio che questa lasci l’abitazione prima di rientrare dei costi di investimento.
ONU ED EUROPA CONTRO LA POVERTÀ ENERGETICA
Il contrasto alla povertà energetica è tra gli obiettivi presenti nell'Agenda 2030 dell'Organizzazione delle Nazioni Unite nell’ambito delle azioni previste per garantire a tutti l’accesso a sistemi di energia convenienti, sicuri, sostenibili e moderni.
Con il “Clean energy for all Europeans package”, la Commissione europea ha presentato alcune misure per fronteggiare la povertà energetica estendendo e consolidando l'efficienza energetica e implementandone il monitoraggio tra gli Stati membri per mezzo dei piani nazionali per l'energia e il clima (PNEC). Tra gli interventi più significativi registrati a livello europeo, figurano alcune misure per il sostegno al reddito delle persone e delle famiglie. Sono previsti inoltre opere per potenziare il rendimento energetico in edilizia e l’efficienza energetica nelle abitazioni, tramite l’installazione di sistemi di riscaldamento o raffrescamento o impianti elettrici più efficienti nonché l’utilizzo domestico dell’energia verde. Proprio in questa direzione va il piano “Renovation Wave” che la Commissione Europea ha presentato nell’ambito del Green Deal Europeo, che punta a incoraggiare il processo di ristrutturazione degli edifici in tutta l’UE.